Il palazzo marchesale

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E' ricorrente l'affermazione che il palazzo marchesale di Botrugno, comunemente indicato come palazzo Guarini, sia stato "elevato dai Castriota nel Cinquecento e restaurato dai Guarini nel 1725". Ciò non trova alcun riscontro nelle vicende dinastiche delle famiglie nobili di Botrugno. Un dato certo è che soltanto nel 1651 i Maramonte vendettero ai Castriota la terra di Botrugno insieme "con suo castello seu fortellezza", e il riferimento non può essere che al palazzo in questione. Inoltre, i registri parrocchiali, ma anche gli altri documenti d'archivio consultati, non lasciano intravedere una presenza stabile dei Castriota a Botrugno prima del Seicento.

Meno plausibile appare il riferimento ai Guarini, per i quali non esistono elementi che confermino una loro presenza a Botrugno nel corso del Settecento. Il catasto onciario (1749) non li elenca in alcuna categoria di cittadini, mentre tra i "beni feodali" posseduti dal marchese d. Saverio Castriota nel 1749 al primo posto troviamo: "Un palazzo Baronale sito dentro l'abitato di detta Terra luogo detto lo largo del Monastero, consistente in più membri inferiori e superiori con tutte le comodità per proprio uso e della sua famiglia". Soltanto nel 1817, come si è detto altrove, d. Oronzo Guarini eredita il patrimonio dei Castriota. E', dunque, molto più probabile che il palazzo sia stato costruito dai Maramonte nel 1500 e restaurato dai Castriota nel 1725, allorquando fu elevato il lungo balcone su mensoloni di chiara ispirazione barocca.

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E fu allora che il palazzo marchesale, che sotto i Maramonte aveva conservato soprattutto le caratteristiche di una piccola fortezza, fu trasformato in una vera e propria residenza nobiliare sino ad assumere la struttura e la fisionomia che conserva sino ad oggi e che ne fa uno dei palazzi più imponenti della provincia di Lecce. I lavori di trasformazione strutturale ed architettonica occuparono la prima metà del 1700, mentre la seconda metà del secolo vide all'opera rinomati pittori "ornamentisti", (come quel Ludovico Giordani il cui nome è leggibile ancora oggi nel salone centrale del palazzo) che completarono gli interventi decorando ed affrescando gli ambienti superiori del palazzo.

Allo stato attuale, l'immobile comprende al piano terra un vasto cortile e un totale di 77 vani, tra cui cantine, depositi e una stalla grande per poter ospitare dodici cavalcature; il primo piano si compone di 46 vani, tra cui due grandi saloni oltre alle ampie terrazze che cingono il palazzo. La pietra leccese è l'elemento dominante sia nella struttura portante dell'opera, che è in muratura massiccia, sia nella decorazione esterna: sagomati in pietra leccese sono i cornicioni di coronamento, i balconi, le balaustre e le cornici delle finestre.

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All'interno troviamo una varietà di coperture a volta, del tipo a botte a piano terra, a padiglione ed a spigolo al primo piano "tutte di discreto valore architettonico per la loro soluzione strutturale e per gli affreschi presenti al primo piano". Da lastre di pietra leccese sono anche ricoperti i pavimenti del piano terra, mentre al primo piano prevale il mosaico. Già da tempo alcune di queste soluzioni sono andate distrutte, come la copertura in legno di uno dei due saloni.

L'accesso avviene attraverso due portoni che recano inquartato lo stemma dei Castriota e dei Maramonte da una parte e quello dei Castriota con i Guarini dall'altra; essi si aprono su un ampio fronte che si conclude con gli spigoli arrotondati del tutto simili e che sorregge una balaustra lunga l'intera facciata con mensoloni di ispirazione barocca. Da uno di questi portoni si accede all'atrio che, tramite uno scalone monumentale, porta ad una prima sala dove il soffitto recava dipinti lo stemma dei Castriota, mentre sulle pareti era possibile ammirare a colori gli stemmi di altre diciotto famiglie leccesi, tutte imparentate con i Castriota.

Già nell'Ottocento questo soffitto, oggi completamente demolito, era in gran parte degradato. Passando poi attraverso due stanze dipinte e decorate alla "pompeiana", si accede alla grande sala di ricevimento, tutta affrescata in elegante stile barocco ad opera del pittore Ludovico Giordani, che volle anche lasciare la data di conclusione dei lavori, il 1773. Segue la parte nobile del palazzo; si tratta di quattro stanze in cui si ripetono i motivi ornamentali già presenti nel salone centrale, da una delle quali si può scendere nella cappella del palazzo dedicata a Sant'Anna.
Infine si trovano altre sei camere che concludono la struttura del piano superiore.

 

il-giardino-del-palazzo Nella parte retrostante del palazzo vi era un giardino pieno di alberi comuni ed agrumi, con una casa a tetto, tre pozzi d'acqua sorgiva, con due lunghe file di colonne di pietra leccese che reggevano ampi pergolati sotto i quali erano stati collocati sedili di pietra leccese.
Oggi, di questo ampio giardino, rimane solo una piccola parte, in seguito all'apertura delle strade che ne hanno modificato completamente il volto.
Così come nulla è rimasto del ricco arredamento e della dotazione pittorica del palazzo che raggiungeva la cifra di 84 pezzi.

 

 


 

Pianta piano terra:

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Pianta primo piano:

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